Entra nella straordinaria storia delle Dimore Storiche e delle antiche masserie nel cuore del Salento, iniziando con Masseria Luci Piccolo.

La storia di Masseria Luci Piccolo

Entra nella straordinaria storia delle Dimore Storiche e delle antiche masserie nel cuore del Salento, iniziando con Masseria Luci Piccolo.

Il sistema insediativo nel Salento è caratterizzato da una considerevole quantità di centri abitati e da una altrettanto numerosa serie di complessi rurali deputati alla produzione agricola, le masserie, che fino a pochi decenni orsono hanno rappresentato la struttura portante dell’economia del territorio.

L’area centrale della provincia di Lecce denominata delle Serre Salentine, fino a metà del XIX secolo comprendeva al suo interno delle vaste zone verdi tra le quali, oltre alla Foresta di Cutrofiano e al Bosco di Tricase, anche un altro grande bosco denominato Bosco di Belvedere, il più esteso di tutta l’antica Terra d’Otranto, che era delimitato, lungo il suo confine orientale, dalla serra Corigliano – Castiglione. La zona, un tempo occupata da questo bosco, ha fatto parte per molti secoli della Grecìa salentina, un’area linguistica che ha conservato la lingua e la cultura grecae che ha contribuito, in maniera determinante, allo sviluppo del territorio di questa parte dell’antica provincia salentina.

La masseria Luci piccolo è ubicata nel feudo di Scorrano e sorge sul versante occidentale della serra Corigliano – Castiglione in prossimità del confine nord di questo territorio con quello di Maglie.

La denominazione della masseria Luci piccolo sembra doversi mettere in relazione con la presenza dell’antico Bosco di Belvedere. Una tale ipotesi sembrerebbe confermata, all’interno dello stesso feudo scorranese, dalla presenza di altre due masserie poste nelle vicinanze e con la stessa denominazione (Luci grande e Luci medi). Un ulteriore rafforzamento di questo dato linguistico, relativamente alla persistenza di altri oronimi collegati all’esistenza dell’antico bosco, è costituito dalla presenza nelle vicinanze di una contrada Silva (da silva: bosco).

Nella parlata locale del dialetto salentino anche la località circostante la masseria viene denominata Luci piccinnu all’interno di una macro area a sua volta definita Luci – Pezzate, a riprova che è stata la masseria a dare il nome alla zona.

Da diverse generazioni la proprietà della masseria appartiene alla famiglia Sticchi che ne ha curato la conduzione e conservato le strutture apportando quelle modifiche indispensabili alla destinazione residenziale che negli ultimi decenni ha assunto il complesso rurale.

Il territorio in cui sorge la masseria Luci piccolo è costituito da un’area caratterizzata da terreni seminativi, pascoli e, assai meno, boscati. La presenza dei residui dell’antico Bosco di Belvedere, infatti, è testimoniata quasi esclusivamente da alberi di leccio piuttosto radi e da arbusti macchiosi visibili tutto intorno al complesso architettonico rurale quasi come vere e proprie pertinenze della masseria che la abbracciano suscitando, in chi guarda dall’interno, la sensazione di abitare all’interno di un querceto.

La conformazione geologica della parte della serra occupata dalla superficie della masseria, essendo costituita da un banco di calcarenite non omogeno e di scarsa qualità petrografica, non ha consentito l’estrazione di conci da costruzione. Pertanto le strutture murarie antiche del complesso sono state realizzate con materiale di pietre informi offerto dal terreno di sedime delle fabbriche. La tecnica di realizzazione delle strutture in elevato più antiche, infatti, è quella tipica delle pietre a secco ma rese solidali dalla tipica malta rurale salentina costituita da calce e bolo con frammenti di tegole di terracotta o pietrisco, con funzione di inerti; il tutto rivestito da intonaco e con finitura a latte di calce.

Nelle pertinenze della masseria mancano, quindi, tracce di antiche cave come di norma si può riscontrare nelle costruzioni rurali realizzate su banchi di roccia omogenei. Esistono soltanto due ambienti scavati nella calcarenite e ubicati nel versante ovest dell’edificio ma voltati a botte con conci in pietra leccese; in origine erano destinati al ricovero degli ovini e attualmente fungono da depositi.

L’accesso alla masseria, col prospetto orientato a mezzogiorno, si trova sul versante occidentale della serra e vi si giunge dalla Via Luci – Pezzate. Tracce di profonde carrarecce testimoniano della frequentazione del sito fin dall’antichità; ne esistono almeno due tratti in prossimità dell’ingresso della masseria delle quali una, che risulta interrata, attraversava l’interno del vecchio cortile (curti) e giungeva alle vicine cave di Melpignano.

L’estensione complessiva attuale del territorio della masseria e quella antica coincidono quasi per intero. Oggi risulta alienato soltanto l’edificio a due piani f. t. che, nel passato, era adibito ad abitazione dei lavoranti. In totale oggi risultano Ha 8,50, in parte coltivati, in parte incolti (pascolo).

Il complesso architettonico della Masseria Luci Piccolo risulta attualmente costituito da un grande complesso architettonico che ha inglobato in un unico blocco costruttivo una serie di edifici antichi – scavati e fuori terra – in parte realizzati in murature di conci e pietrame (quelli più antichi) in parte in conci di pietra leccese (i più recenti). Gli interventi recenti hanno accorpato le antiche strutture e le hanno rese unitarie sotto l’aspetto architettonico per la dismissione delle attività produttive e le sopraggiunte esigenze residenziali.

I materiali utilizzati per la costruzione sono conci squadrati di pietra leccese provenienti dalle vicine cave di Melpignano. Il materiale informe col quale sono stati realizzate le strutture in elevato con la tecnica dei muri a secco ed i riempimenti delle murature a sacco provengono dallo stesso sito dell’edificio. Le coperture degli ambienti più recenti (XIX – XX secolo) sono realizzati a volta alla leccese a spigolo mentre per i vani più antichi, in origine coperti a capriate con manti di copertura in coppi di terracotta, risultano piane in putrelle e conci di pietra leccese. I manti di copertura sono in lastre (chianche) di pietra di Cursi. Gli intonaci sono quellitradizionali a base di calce e tufina mentre le pavimentazioni sono inmattoni di cemento e chianche di pietra di Cursi.

L’Arredo fisso è costituito soltanto da due edicole centinate realizzate ad incasso, che in origine dovevano essere decorate da dipinti murali, poste ai lati della porta di accesso del blocco costruttivo destro. Questa collocazione è giustificata dalla originaria destinazione di questa parte della masseria in quanto costituiva l’abitazione del proprietario.

A memoria d’uomo l’epoca di realizzazione di gran parte dell’edificio attuale della masseria, risalirebbe agli ultimi due secoli, il XIX e il XX, periodo durante il quale l’intera struttura rurale è appartenuta alla famiglia Sticchi di Maglie. Ma le murature portanti eseguite con le tecniche costruttive “senza tempo”, tipiche di tutta l’area salentina e diffuse almeno fin dal medioevo, ci obbligano ad arretrarne la datazione ad epoche molto più antiche anche se imprecisate.

Progettista per la parte del lato destro della facciata (la residenza dei proprietari) è statol’ing. Marco Sticchi; non si ha memoria del costruttore che certamente dovette essere un salentino vista la qualità muraria della fabbrica e la sapienza tecnica ed esecutiva delle murature.

Relativamente al territorio su cui sorge la masseria occorre tener presente che in direzione sud, lungo la via vicinale Murgi di sopra, pochi anni orsono, durante i lavori di canalizzazione per la rete del gas, è stato scoperto un villaggio di capanne di epoca neolitica. Tale rinvenimento conferma la rilevanza culturale del territorio della serra sul quale, all’inizio degli anni Settanta del XX secolo, i membri del Gruppo Speleologico Salentino “Pasquale De Lorentiis” di Maglie avevano individuato e raccolto una grande quantità di materiale archeologico erratico (punte di frecce, raschiatoi, ceramica, schegge di ossidiana) che attestavano un’intensa attività umana di caccia da parte di uomini di cultura neolitica che, presumibilmente, abitarono in questo villaggio. Tutto il materiale di interesse archeologico fu consegnato ed è conservato nel Museo Paleontologico di Maglie (ALCA) intitolato a Decio De Lorentiis.

Non si hanno specifiche notizie di leggende popolari sulla masseria Luci Piccolo o del sito, nonostante l’antichità della sua ubicazione e della lunga frequentazione umana. Anche per quanti hanno abitato e lavorato in questa struttura rurale, valgono le stesse leggende popolari note nell’area culturale magliese-otrantina già pubblicate a cavallo dei secoli XIX e XX sul giornale studentesco Lo Studente Magliese, primo giornale studentesco pubblicato in Italia a cavallo del periodo unitario.

Per quanto attiene l’attività produttiva della masseria, oltre a quella agricola e pastorale (di allevamento di ovini e bovini, con produzione di latticini, tra i quali il famoso formaggio Maglie un tempo molto apprezzato nella corte borbonica napoletana e non solo), più recentemente, nel corso del Novecento, vi è stata anche la produzione di tabacco.

La destinazione attuale del complesso rurale di Masseria Luci Piccolo è rivolta, quasi esclusivamente, all’accoglienza.

BIBLIOGRAFIA:

1984

– SALAMAC, Pietro, Appunti di toponomastica rurale del Salento, estratto da: «Studi Linguistici Salentini», col. 13 (1983), Bari, Ecumenica Editrice s.c.r.l., 1984, p. 72.

Note: Per una migliore conoscenza della cultura contadina degli abitanti e dei frequentatori della masseriaLuci
piccolo
nel periodo di maggiore attività agricola, si suggerisce di consultare almeno:

1884

– PELLIZZARI, Pietro, Fiabe e canzoni del contado di Maglie in Terra d’Otranto, raccolti e annotati da P. P., Maglie, Tipografia del Collegio Capece, fasc. 1°, 1884; ristampa: IDEM, presentazione di Florio Santini, (Sallentina Tellus, II), Lecce, Edizioni del Grifo, 1989.

1911

– PELLIZZARI, Pietro, Canzoni d’amore del contado magliese in Terra d’Otranto, (Nozze Achille Pellizzari – Silvia Mazzoni),Napoli, Perrella, Tip. Cimmaruta, 1911.

1995

– DE DONNO, Nicola Giuseppe, Dizionario dei proverbi salentini, (Banca Vincenzo Tamborino, Collana di Studi Salentini, 4), Galatina, Congedo Editore, 1995.

Giovanni Giangreco

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